Riaprire i Navigli
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L’ASSOCIAZIONE RIAPRIRE I NAVIGLI UN ANNO E MEZZO DOPO LA SUA COSTITUZIONE di Roberto Biscardini

14 aprile 2014

Quando nell’agosto 2012 decidemmo di dar vita all’Associazione Riaprire i Navigli, avevamo chiaro l’obiettivo: costruire le condizioni politiche, culturali e tecniche per rendere possibile l’idea della riapertura dei Navigli dalla Cassina de’ Pom alla Darsena, lungo il tracciato dei Navigli chiusi tra il 1929 e gli anni ’60. Nonostante, le difficoltà e le diffidenze, soprattutto del mondo accademico, e di tanti che in poco tempo sono poi venuti fortunatamente sulle nostre posizioni, eravamo sicuri di avere dalla nostra il parere favorevole della città. Allora all’inizio, avevamo alle spalle solo una primissima verifica di fattibilità, effettuata nel corso di urbanistica della facoltà di architettura nel 2008, quando per primi ponemmo la questione di riaprire a Milano i Navigli nello loro totalità. Senza tentennamenti e senza equivoci. Quando collocammo questo progetto in una strategia complessiva e organica a scala regionale. Avevano alle spalle una prima pubblicazione frutto di quelle prime elaborazioni dal titolo chiaro e inconfondibile: “Riaprire i Navigli si può”. Ma avevamo soprattutto colto la necessità di uscire dallo stretto ambito universitario per confrontarci con un mondo culturale, economico più largo ma soprattutto con i cittadini ad una scala ben più grande. Quella nostra proposta rappresentò la svolta. Si poteva con decisione passare dal tema tradizionale della riqualificazione dei Navigli esistenti al tema semplice e “rivoluzionario” della riapertura dei Navigli chiusi. Tra la popolazione, potevamo contare sul potenziale rappresentato dagli oltre quattrocentomila cittadini che votarono Si al referendum cittadino del 2011 e su un consenso che potevamo via via costruire.
Decidemmo quindi di prendere il problema di petto, dando vita ad un’iniziativa partecipata e larga. Non bastava più studiare la storia del passato, era necessario dedicarsi a costruire un progetto per il futuro della città. E così come Empio Malara si era con grande merito dedicato per anni all’obiettivo di rendere navigabile il Naviglio Grande e il Pavese per la ricostruire l’itinerario Locarno-Venezia, noi ci siamo posti il problema di realizzare in Milano otto chilometri di Navigli. Sul tracciato di quelli chiusi. Per realizzare contestualmente e in prospettiva la riqualificazione dei 140 chilometri dell’intera rete dei Navigli lombardi. Con la finalità di renderli tutti navigabili dal lago Maggiore e da quello di Como e Lecco fino al Ticino di Pavia e poi verso l’Adriatico. Una straordinaria opportunità per Milano (da tanti punti di vista), per la Lombardia e per l’Italia.
Tra i diversi scopi dell’Associazione vi era, e vi è ancora, quello di predisporre per tutte le istituzioni interessate, per la politica, gli elementi utili per poter precedere concretamente alla realizzazione di questa straordinaria opera. Da realizzare in tempi brevi. Tempi coerenti con la logica di un investimento che secondo noi potrà essere sostenuto da risorse private e senza risorse pubbliche. In project financing. E in questa direzione abbiamo lavorato. Per rendere comprensibile il valore di un’opera che guarda al futuro partendo dal nostro più affascinante passato. Per rendere concreta la realizzazione di una straordinaria opera di ingegneria, idraulica, urbanistica e di ambiente. Costruire i Navigli per intero e dare corpo ad un’opera che fino al momento in cui la concepimmo sembrava ancora ad acuni “benpensanti” del tutto impossibile e persino inutile.
Riaprire i Navigli per andare ben oltre la logica, insieme timida e intellettualistica, di costruire qualche pezzo, qua o la, come segno della sola memoria, qualche piccola vasca o piccola fontana. Senza alcuna strategia complessiva e senza alcun spessore strategico per tutta la città. Interventi di sostanziale arredo urbano, di design o di recupero archeologico e non strutturali, che ancora andavano per la maggiore in facoltà di architettura nel 2010. Proposte fuorvianti, che spostavano i termini della discussione fuori dalla logica di riaprire i Navigli chiusi per intero, per renderli navigabili nella loro continuità, che non coglievano il valore complessivo nella realtà del paesaggio e della qualità urbana di tutta la città. Non coglievano il valore euripeo e mondiale di questo progetto. Proposte parziali ancora sul tappeto nel 2012 che, ancorché limitate, pensavano a progetti da realizzarsi non fra qualche anno ma dopo il 2025, in un tempo storico che non ci appartiene.
Per noi il processo logico è stato fin dall’inizio l’esatto contrario. Costruire il consenso politico nel più rapido tempo possibile. Definire al più presto i criteri per la progettazione e realizzazione dell’opera nei tempi più brevi possibili. Analizzare ed evidenziare tutti i punti critici e approfondire quelli più complessi, compreso il suo finanziamento, per rendere l’opera facilmente cantierabile in tempi brevi e nella sua unitarietà. O al massimo in due lotti, assolutamente fattibili. Dalla Cassina de’ Pom ai Bastioni di Porta Nuova e dal Naviglio di San Marco, lungo la “fossa interna” fino alla Darsena. Con la sola eccezione, rispetto al progetto generale, di riaprire subito la Conca di Viarenna e la Conca dell’Incoronata per restituire immediatamente alla città il nuovo senso e valore dell’acqua.
I convegni tecnici e istituzionali, gli studi, le elaborazioni in corso e l’attività conoscitiva intorno alla idea base, tenuti in questo anno e mezzo e ancora in corso, a sostegno dell’idea forza del progetto, ci stanno dando ragione. Riaprire i Navigli si può. E si deve per senso di giustizia.




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