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Milano a filo d’acqua, il fascino della città liquida Non solo i Navigli, ma anche le piscine, le fontane, l’Idroscalo...

10 novembre 2015

Milano a filo d’acqua, il fascino della città liquida
Non solo i Navigli, ma anche le piscine, le fontane, l’Idroscalo...
di Lorenzo Viganò
Quando si pensa all’acqua a Milano la mente corre subito al Naviglio. In genere con nostalgia e una punta di rammarico. Non soltanto in coloro che lo ricordano scorrere in città (quanti ormai? visto che i lavori di copertura, decisi per questioni igieniche e di viabilità, vennero realizzati tra il 1929 e il 1930), ma soprattutto in coloro che non c’erano e se lo possono immaginare solo grazie alle parti sopravvissute, ai racconti di Stendhal e alle foto d’epoca. Il Naviglio in via Pontaccio, il Naviglio di via San Marco, il Naviglio in via Fatebenefratelli; e poi il Naviglio in piazza Cavour, in via Senato, in via Visconti di Modrone, in via Sforza, in via Molino delle Armi... Un sistema di canali irrigui e navigabili che abbracciava l’intera città, la circondava; che le dava fisionomia urbana e carattere, e garantiva il funzionamento dei trasporti e dei commerci.
Tuttavia acqua a Milano non significa soltanto Naviglio e malinconia, ricordi e lingue di cemento che ne permettono oggi la navigazione in auto. Quello tra Milano e l’acqua è da sempre un rapporto complesso e articolato, un legame stretto che nei secoli si è via via modificato, ma senza mai spezzarsi. Acqua come elemento inscindibile dall’identità cittadina. Perché a Milano è ovunque, basta saperla vedere, al di là dello storico vicolo dei lavandai o della passeggiata sulla Darsena. Anzi: si può addirittura ripercorrere la storia del capoluogo lombardo proprio dal punto di vista dell’acqua stessa, facendola scorrere attraverso i secoli, come una sorta di macchina del tempo. Perché è intorno a essa che si è costruita la struttura della città, la sua prosperità, la sua fortuna storica. È questa l’idea intorno a cui si articola «Milano città d’acqua», la mostra che dal 12 novembre racconterà a Palazzo Morando la «storia d’acqua» della città in 150 immagini d’epoca, con documenti inediti e materiale cartografico. «Oggi è difficile immaginarlo, ma Milano nasce sull’acqua. In una mappa del 1888 il centro cittadino appariva innervato da 124 tra rogge, canali, fontanili, torrenti, fiumi: un’altra Venezia», spiega Stefano Galli, curatore della mostra. «Non solo: Milano è anche l’unica città d’Europa che non è attraversata da un fiume, che non è adagiata sulle sponde di un lago, che non è lambita dal mare il che, per garantire l’esistenza stessa della città, ha reso indispensabili genio e perizia idraulica».
Si scopre così che nei secoli l’acqua è servita come strumento difensivo, come mezzo di trasporto delle materie prime - senza di essa il Duomo non avrebbe potuto essere rivestito di marmi di Candoglia - per l’irrigazione dei terreni a marcita, per i traffici di materie prime, per lo sviluppo delle attività artigianali. Finché, come scrive Galli nell’introduzione, dopo essere stata «temuta, canalizzata, sfruttata, venerata» è stata infine «sotterrata, ricacciata negli inferi». Dimenticata. «Eppure da quel momento, quasi che la sua natura incomprimibile la costringesse a rispuntare fuori, è riemersa sotto altre forme». Dalle fontane - la prima, che dà il nome alla piazza che la ospita, fu inaugurata nel ferragosto del 1782 -, ai primi bagni privati (tra cui quelli di Diana) e pubblici (il primo a Porta Nuova), dai lavatoi agli alberghi diurni. E poi le piscine, l’Idroscalo, gli impianti di depurazione. E ovviamente l’acqua da bere. «Milano è l’unico caso di una metropoli che attinge il cento per cento del suo fabbisogno idrico dalla falda sotterranea», conclude Galli. Forse per questo Bonvesin de la Riva diceva che «si può bere a volontà, senza che faccia alcun male».



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