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NAVIGLI E CASE POPOLARI di Andrea Cassone

03 aprile 2019

E’ forse opportuno ricordare che il progetto di riapertura dei Navigli è principalmente un grande progetto di riqualificazione urbana. Attraverso il recupero, la reinvenzione dei Navigli si restituirà l’acqua al paesaggio urbano del centro di Milano, e, soprattutto, si cercherà di invertire una trasformazione della città solo apparentemente guidata da un’idea di contemporaneità. In realtà, l’apparente (e malintesa) contemporaneità maschera il vuoto, l’assenza di un vero modello, di una vera guida, di un vero progetto. Sarebbe interessante capire, più che chi, che cosa determina veramente oggi le trasformazioni urbane. E occorrerebbe essere attenti e critici nei confronti di queste ultime, anziché farsi sedurre da qualche grattacielo.

Il progetto di riapertura dei Navigli mira invece al cuore della città, alla sua parte vitale, dove riposa la memoria urbana: la parte in cui la storia ha lasciato segni che chiedono di essere, ancora una volta, integrati, ricuciti pazientemente in unità. Reinventare i Navigli è riscoprire una Milano antica e vera, la Milano del lavoro-lavoro, la città definita dal rapporto con la sua campagna e con i centri vicini, la città rispettosa e civile, la città attenta al sociale, che costruisce case per il suo popolo, cortili, giardini e parchi per i suoi cittadini, che assiste e promuove. Una città veramente lungimirante perché forte di un’identità ritrovata, capace di scelte coraggiose e fondamentali per costruire pazientemente un altro paesaggio, armonico, vivo e vivibile per le prossime generazioni.

Chi pensa (giustamente) che Milano abbia bisogno di edilizia residenziale sociale (case popolari come quelle bellissime della Milano a cavallo fra XIX e XX secolo), di strutture sanitarie (ospedali, cliniche, luoghi di cura e riposo), di giardini e parchi, dovrà, per ottenerli, Riaprire i Navigli. Potrà sembrare ingenuo o paradossale o anacronistico, ma è così: l’unica via per riequilibrare veramente Milano (che vive uno stato, definito di grazia, in realtà assai problematico in quasi tutte le sue componenti) è andare all’origine del problema e rimuoverlo. Qual è l’origine del problema? Sono proprio le idee di modernità e contemporaneità, malintese e facili. Fu il fascismo a volere la chiusura dei Navigli, in nome di futuristici programmi di modernità, di svecchiamento. Fu il fascismo a iniziare la deriva che ancor oggi ci porta verso l’indefinito magma dello sprawl e della degenerazione ambientale.

 Dal tradimento degli anni ‘30, ha origine una città ancor oggi in cerca di una forma, senza confini reali, senza una vera identità. Per risognarla, ripensarla, vederla infine rinnovata l’unica via è ridarle la qualità che ha perduto allora negando la sua acqua, il suo sangue e rifiutando, per colpa di un regime nella sostanza radicalmente antipopolare, la sua eredità e il suo destino.
La qualità di una città antifascista, popolare e coraggiosa.          

 





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