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RIAPRIRE I NAVIGLI PER LA MILANO DEL 2030. UNA RISPOSTA A GILLO DORFLES

28 dicembre 2017

RIAPRIRE I NAVIGLI PER LA MILANO DEL 2030. UNA RISPOSTA A GILLO DORFLES
di Roberto Biscardini
Presidente dell’Associazione Riaprire i Navigli
In attesa che il Corriere pubblichi una breve risposta a Gillo Dorfles per l'articolo apparso qualche settimana fa dal titolo un po' eccessivo "Oggi dico: non é il caso di riaprirli" voglio precisare che Dorfles avrebbe tutte le ragioni per essere critico se la riapertura dei Navigli fosse la riproposizione nostalgica di un'opera del passato, o fosse affrontata in modo "pittoresco" appunto, senza quella visione che abbiamo sostenuto per tutti questi lunghi dieci anni, da quando abbiamo avuto l'idea che i Navigli, chiusi dal 1929 in poi,  avrebbero potuto essere riaperti. E da quando abbiamo collocato questa idea dentro una strategia di trasformazione urbanistica alla scala urbana e regionale.
Otto chilometri urbani, da Cassina de’ Pomm alla Darsena, chiusi dal 1929 in poi, tratta centrale della grande rete regionale dei Navigli Lombardi, pensati per cambiare e riqualificare Milano e renderla contemporaneamente più moderna e più vivibile.
Infatti, non avrebbe nessun senso riaprire i Navigli a Milano se non partissimo dalla profonda convinzione che si tratta di un progetto per la grande "città Lombardia".
La città di circa dieci milioni di abitanti sostenuta dallo straordinario policentrismo, fatto di città e campagne, di città grandi e città piccole. Quindi riaprire i Navigli, ancorché dentro i confini di Milano, è un progetto regionale che coglie una tendenza, non ancora esplicitata a pieno ma giusta, che rende sempre più insofferente quel milanocentrismo che si allarga sempre di più oltre i confini della città capoluogo e tende a densificare il centro di Milano occupando tutte le aree ancora libere.
Secondo, riaprire i Navigli non è la riproposizione antiquaria e nostalgica per il recupero dei Navigli che non ci sono più, ma, attraverso la memoria dell’acqua, diventa punto centrale di una nuova modernità e di una nuova città perché possa essere continuamente perfezionata, anche nei suoi rapporti con il paesaggio naturale della Lombardia, dai laghi al Ticino. E’ un progetto che coglie il senso di un bisogno ormai diffuso nelle grandi metropoli europee e non solo: dalla città industriale, alla città terziaria, alla città “naturale”.
Terzo, seguendo il filo del ragionamento di Dorfles però, le trasformazioni accettabili non possono essere solo quelle che si sono succedute nel tempo fino ad oggi attraverso diverse “stratificazioni”, anzi! Perché non essere aperti a nuove trasformazioni? Quelle che saranno indotte inevitabilmente dalla riscoperta moderna del valore delle vie d’acqua?
Quarto, il progetto al quale ci stiamo dedicando da anni è quindi un progetto utile, altro che inutile. Utile alla scala regionale, alla scala urbana e anche funzionalmente per la navigabilità complessiva della rete.
Certo sarebbe assolutamente inutile e “non guarderebbe avanti” come dice Dorfles, se l’operazione fosse esclusivamente “pittoresca”. Quella che io chiamo di “stupido arredo urbano” che trasformerebbe il progetto infrastrutturale di un importante e significativo “passante” idraulico, in una sommatoria di piccoli interventi di puro e inutile abbellimento.
Quinto, pensare alla riapertura dei Navigli oggi significa programmarla e completarla per la Milano del 2030. Poi durerà, pur con i naturali perfezionamenti, per i secoli a venire. Non ha quindi senso giudicare questo progetto come se la città sia immobile o come se, contemporaneamente, non si modificasse in ragione di questo straordinario intervento. I Navigli riaperti riorganizzeranno la città alla quota zero, cambieranno i comportamenti dei cittadini e cambieranno le funzioni urbane, ma si inseriranno via via in un tessuto destinato a trasformarsi anche indipendentemente da loro.
Un solo esempio, ci preoccupiamo del conflitto tra Navigli e traffico sulla Cerchia o su Via Melchiorre Gioia, ma fra pochi anni le tecnologie saranno tali che il traffico privato urbano tenderà a diminuire da solo senza bisogno di coercizioni. Il progetto della riapertura dei Navigli è solo l’anticipazione della “città senza veicoli”.





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