Riaprire i Navigli
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"RIAPRIRE I NAVIGLI - UN GRANDE PROGETTO PER MILANO, LA LOMBARDIA E I SUOI PAESAGGI". Atti del Convegno, 20 ottobre 2012, Milano, Teatro Elfo-Puccini. Parte 1.

20 ottobre 2012

Indice degli interventi - Parte 1
Roberto FORMIGONI - Presidente della Regione Lombardia
Corrado CLINI - Ministro dell'Ambiente
Roberto BISCARDINI – Presidente Associazione "Riaprire i Navigli"
Alessandro COLUCCI – Assessore ai Sistemi verdi e paesaggio della Regione Lombardia
Pierfrancesco MARAN – Assessore mobilità e ambiente Comune di Milano
Roberto BISCARDINI – Presidente Associazione "Riaprire i Navigli"
Giorgio GOGGI – Professore di Urbanistica – Politecnico di Milano
Mario ABIS – Professore di Ricerche Psicosociali all'IULM di Milano
Vittorio BIONDI – Direttore Settore Territorio Ambiente Energia di Assolombarda


Roberto FORMIGONI - Presidente della Regione Lombardia
Egregio Presidente,
La ringrazio per il gentile invito al convegno intitolato "Riaprire i navigli", un appuntamento a cui purtroppo non potrò partecipare, ma che ritengo di altissimo interesse.
Come Lei certamente sa, Regione Lombardia lavora da tempo attraverso politiche mirate per la rinascita dei Navigli un sistema di canali, riconosciuto ormai come bene storico-artistico.
Proprio in questa prospettiva si collocano due grandi progetti tra loro connessi: il progetto Via d'Acqua-Parco dell'Expo e il programma regionale di valorizzazione dei Navigli lombardi.
Si tratta di un complesso di interventi di riqualificazione complessiva di tutto il sistema dei Navigli volto a valorizzare e potenziare la "via d'acqua" all'interno di un nuovo modello di sostenibilità. I lavori, che si concluderanno prima del 2015, sono aperti a tutti i soggetti interessati a questo straordinario patrimonio della Lombardia.
Questi sono obiettivi importanti per il Governo regionale e in questa direzione stiamo, dunque, intraprendendo un percorso che guarda lontano: Regione Lombardia lo ha già incominciato nella certezza che anche la Vostra Associazione ci accompagnerà in questo lungo viaggio.

Corrado CLINI - Ministro dell'Ambiente
"Gentile presidente Biscardini,
desidero ringraziare lei e l'associazione "Riaprire i Navigli" per il gradito invito a partecipare al vostro convegno pubblico. Purtroppo, impegni istituzionali sopraggiunti e non derogabili mi impediscono di essere a Milano con voi. Ciò nondimeno desidero farvi giungere i miei saluti e il mio apprezzamento per l'iniziativa. La pianificazione territoriale è una materia che compete agli enti locali e non intendo invadere qui le altrui prerogative. Allo stesso modo, il Ministro dell'Ambiente non può non plaudere ad un progetto che si propone di formare, attraverso i Navigli, un corridoio ecologico e una occasione di arricchimento biologico della vita urbana. Si tratta di costruire un nuovo e più sostenibile equilibrio fra città, paesaggio e mobilità. La vostra iniziativa mi pare vada nella giusta direzione e quindi auguro a tutti voi un buon lavoro e una proficua discussione".
Cordialmente,
Corrado Clini

Roberto BISCARDINI – Presidente Associazione "Riaprire i Navigli"
Ringrazio tutti coloro che hanno accettato di partecipare a questo incontro, ringrazio tutti i presenti e ringrazio Empio Malara, che, anche se non figura tra gli oratori, abbiamo invitato riconoscendogli una sorta di paternità nella lunga battaglia per la valorizzazione dei Navigli milanesi e lombardi.
Dopo la mia non lunga introduzione lascerò la parola all'architetto Andrea Cassone vice presidente dell'Associazione Riaprire i Navigli, che leggerà un messaggio di saluto che ci ha inviato il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini.
Qualche anno fa in facoltà di Architettura insieme all'architetto Cassone durante un corso dedicato ai temi della qualità urbana, che di anno in anno veniva rivolto all'approfondimento di questioni emergenti della nostra città, abbiamo iniziato ad approfondire il tema della riapertura dei Navigli e abbiamo iniziato insieme agli studenti a verificare la fattibilità di questa idea. Il tema progettuale, già naturalmente in fieri, non era mai stato affrontato nella sua complessità e nella sua completezza. L'argomento di studio, al quale non avevamo mai dedicato una diretto approfondimento, era semplice: verificare in prima approssimazione la fattibilità della riapertura di quei tratti dei Navigli che erano stati chiusi tra il 1920 per iniziativa del fascismo, la fossa interna, fino alla chiusura del Naviglio Martesana in via Melchiorre Gioia in un epoca relativamente recente, intorno agli anni '60. Tempi relativamente recenti, tant'è che molti di coloro che sono qui tra noi e di una certa età si ricordano benissimo quel Naviglio e alcuni di loro si ricordano di averci fatto il bagno. Questa era la Milano di quegli anni.
La conclusione di questo lavoro di ricerca e di esercitazioni progettuali, alcune delle quali riportate nel volume che io e Cassone abbiamo pubblicato qualche mese fa, è stata semplice: la realizzazione di questa grande opera destinata a cambiare il volto della nostra città è fattibile, assolutamente fattibile dal punto di vista ingegneristico, architettonico, ambientale, trasportistico, idraulico e finanziario.
Quindi riaprire i Navigli si può, ma occorrono tre condizioni. La prima che sembra banale ma non lo è, riguarda la chiarezza dell'idea e del progetto. La seconda riguarda il coraggio di realizzarlo e la volontà di farlo, anche sfidando i tanti naviglio-scettici che troveremo lungo percorso. Terzo, questione non da poco, bisogna trovare le risorse cercando di mobilitare anche quelle private, dimostrando che l'opera almeno in parte è autofinanziabile.
L'Associazione Riaprire i Navigli, che oggi ha qui il suo battesimo, nasce con l'obiettivo straordinario di realizzare questo progetto, nasce con una ragione di scopo, per trasformare questi prime indicazioni, frutto di un impegno didattico e universitario, in realtà. Nasce per organizzare contributi, energie e intelligenze, per mettere insieme cittadini tecnici e non tecnici, e per costruire con loro le precondizioni di cui ho detto: consolidare e perfezionare idee chiare, trovare il coraggio di farlo e trovare le risorse.
La prima condizione, quella delle idee chiare è molto semplice. E' l'essenza stessa del progetto e va esposta nella forma più elementare possibile. I Navigli di cui stiamo parlando, quelli che secondo noi, anche se in forme nuove, possono essere riaperti, sono i Navigli che a Milano sono stati chiusi. Ma non sono solo milanesi, non sono solo di proprietà esclusiva della città. Essi rappresentano solo il tratto centrale di una grandissima infrastruttura regionale e del nord Italia, tant'è che la loro chiusura ha interrotto una continuità che coinvolgeva un territorio e una popolazione più vasta di quella di Milano. La riapertura di questo tratto urbano vuole restituire quella continuità che allora è stata interrotta. Quindi dobbiamo dire ai cittadini milanesi che dobbiamo riaprire i Navigli a Milano per il nostro bene, per il nostro futuro, ma anche per ricostruire questa grande infrastruttura regionale che è andata perduta. Quella che consentiva di navigare dal lago Maggiore attraverso il Naviglio grande e dal lago di Como attraverso l'Adda e il Naviglio Martesana fino all'Adriatico passando per Milano.
Quindi su questo punto bisogna essere drastici, bisogna avere chiaro in testa che i Navigli vanno riaperti tutti, nella loro continuità, perché è solo la loro continuità, quindi la loro riapertura, che può restituire senso all'opera originaria. Quindi non partiamo dall'architettura e tanto meno dall'opera di restauro più o meno scientifico, che da questo punto di vista avrebbe poco senso affrontare oggi, ma partiamo dalla logica della grande infrastruttura idroviaria, una grande infrastruttura idraulica. Così come si è realizzato il primo Passante ferroviario per ripristinare la continuità della rete ferroviaria, e non a caso è stato ripristinato ricostruendolo lungo il tracciato originario, là dove fu interrotto nella prima metà del '900, così dobbiamo farlo ricostruendo i Navigli per ridare continuità alla rete regionale delle acque.
All'assessore Maran, che è qui tra noi, voglio ricordare che dopo il Primo Passante ferroviario e dopo il Secondo, che andrebbe subito messo in cantiere almeno dal punto di vista progettuale, il passante idroviario, cioè la riapertura dei Navigli, non è un oggettino di abbellimento della città, non è un gingillo di arredo urbano, ma una grande opera di trasformazione urbanistica e una grande opera per l'intera regione Lombardia.
Naturalmente è anche un grande progetto urbano, perché i Navigli quando attraverseranno la città daranno forma, funzioni e nuove caratteristiche urbane a tutte le aree attraversate. Però non perdiamo di vista la questione originale, quella del Naviglio come infrastruttura, perché altrimenti si ricadrebbe nella tentazione di riaprire i Navigli a pezzi. E ciò sarebbe un grave errore, che ci porterebbe fuori strada, avviando opere di cui non vedremmo mai la fine. Compito dell'Associazione è di lavorare invece per la realizzazione complessiva dell'opera e per la loro riapertura totale dalla Cassina de' Pom alla Darsena.
Secondo, avere il coraggio. Coraggio vuol dire perseguire questa idea con tenacia e determinazione, sfidando, a fronte di tanti consensi, le perplessità e le critiche che pur ci sono, sia nella cultura, sia nel popolo milanese. Le perplessità sono le più varie, alcune persino divertenti quanto contraddittorie. Alcuni cittadini nelle settimane scorse, presentandogli questo progetto, mi dissero: "ma i Navigli a Milano fanno schifo, volete riaprirne altri che faranno anch'essi schifo?". È un'osservazione strana ma pertinente, che mette in evidenza lo stato di degrado dei Navigli esistenti. Questione che abbiamo ben presente e che colloca il tema della riapertura della fossa interna su un piano non disgiunto dall'attenzione che bisogna avere rispetto agli interventi di riqualificazione dei Navigli esterni. Siamo da questo punto di vista sulla stessa linea di Malara, che da anni è impegnato nel ripristino delle chiuse per consentire la navigazione su tutti i tratti dei Navigli.
Un'altra osservazione riguarda l'attuale momento di crisi economica, ricavandone che di fronte alle attuali difficoltà la riapertura dei Navigli non sarebbe un'opera prioritaria. È una questione da affrontare di petto e con assoluta chiarezza. Non ho mai creduto alla logica delle priorità nella politica degli interventi urbani, perché con questa logica ci si dedica soltanto ai cestini della carta e ci si dimentica dei grandi interventi infrastrutturali e delle grandi realizzazioni strategiche necessarie allo sviluppo futuro della città. Ma di più, è proprio nei momenti di crisi e di crisi economica, come quello che stiamo vivendo, che bisogna pensare in grande, bisogna impostare e progettare grandi interventi, per essere pronti quando saremo usciti dalla crisi, lavorando già oggi per le future generazioni. Un progetto di queste dimensioni, peraltro non tanto impegnativo dal punto di vista economico, è un progetto che guarda al futuro. Le sue straordinarie dimensioni, dal punto di vista architettonico, ambientale e paesaggistico trovano le loro ragioni proprio nella prospettiva di pensare questo progetto oggi per il domani. Trovare le risorse oggi per costruirlo al più presto e ridare a Milano una nuova attrattività internazionale e mondiale. Parigi si identificava e si identifica ancora oggi in buona parte per la presenza della Tour Eiffel, che è il lascito dell'Expo del 1889. Milano per secoli si è identificata con i suoi Navigli. Averli chiusi ha significato togliere a Milano un pezzo della sua identità ed in modo particolare ha tolto a Milano l'identità di essere città d'acqua. Restituire a Milano l'acqua, guardando insieme al passato e al futuro, significa a vere il coraggio di cui parlavo prima.
Il sindaco Antonio Greppi, primo sindaco di Milano dopo la guerra nel 1945, sotto le macerie della seconda guerra mondiale, non solo riuscì a ricostruire la Scala, ma iniziò subito a pensare alla Milano del futuro ed insieme al suo ingegnere capo disegnò le linee delle future metropolitane, quelle che utilizziamo oggi. Disegnò in particolare e con precisione la M1 e la M2, che si realizzarono dagli anni '60 in poi. Non è vero quindi che nei momenti di crisi non si progettano grandi opere, anzi è proprio nel momento di crisi che si progetta il futuro.
Infine come terzo punto, trovare le risorse. Il nostro obiettivo, tutto da verificare, è quello di mobilitare le risorse finanziarie per contribuire a realizzare la riapertura dei Navigli non pensando di caricare tutti i costi sull'amministrazione comunale o sul finanziamento pubblico.
Vogliamo come Associazione studiare la possibilità di coinvolgere risorse private, crediamo nel project financing, crediamo che si possano trovare investitori privati che intravvedono la convenienza di restituire a Milano un'opera così importante e contemporaneamente credono nella redditività diretta o indiretta dell'apertura dei Navigli. Quindi non stiamo proponendo un'opera pubblica da finanziare esclusivamente con risorse pubbliche, non stiamo proponendo un progetto pensando di andare dal sindaco a chiedere i soldi per realizzarlo. Siamo convinti della capacità di Milano di mettersi in gioco. Dobbiamo chiedere alla finanza milanese di mettersi le mani in tasca, di dimostrare di essere milanese, impegnandola su un progetto per la città. Studieremo inoltre le forme per coinvolgere il maggior numero possibile di cittadini chiedendo loro di impegnarsi con donazioni popolari o forme di azionariato popolare. L'opera non costa molto, ad oggi le nostre stime ci danno un costo tra 80 e 100 milioni di euro, meno di un km di metropolitana. Potremmo pensare addirittura che 80 mila cittadini diano 1000 euro o 160 mila ne diano 500, questo tipo di coinvolgimento popolare sarà la dimostrazione vera che una partecipazione diretta dei cittadini alla realizzazione di quest'opera è possibile.
Vi ho detto di come è nato il progetto, di come è nata l'Associazione, e quali sono i sui compiti, del lavoro che da domani, mobilitando ogni capacità progettuale, occorrerà fare per affinare il progetto, definire i contorni strategici, progettuali e finanziari, per rapportarci nel tempo più breve possibile con l'amministrazione comunale. Se troveremo a breve le risorse necessarie, regaleremo a breve delle linee guida del progetto riguardanti tutto ciò che occorre fare per la realizzazione dell'opera.
Come vedete l'Associazione, culturale per definizione, ha però degli obiettivi molto concreti: progettare e realizzare la riapertura dei Navigli nei tempi più rapidi possibili. Ad oggi non sappiamo dire se il percorso sarà lungo, ma per iniziare bisogna fare sempre un primo passo. Voglio concludere con una annotazione che mi è venuta ieri alla mente pensando ai nostri Navigli. Ho fatto una verifica per essere sicuro di non sbagliare. Il più grande canale navigabile europeo, che è il Canal du Midi, che consente il collegamento tra il Mediterraneo e l'Atlantico in terra francese, fu realizzato nel '600 da un tale Pierre-Paul Riquet, cittadino di Béziers, ingegnere armato anche lui come noi di buone intenzioni e di buone idee. Riquet andò da Luigi XIV a chiedere l'autorizzazione per la costruzione del canale. Gli disse: "Voglio fare il Canal du Midi" e Luigi XIV gli rispose: "Fattelo a tue spese". E lui lo fece, e realizzò il primo project financing della storia europea.
Questo ci conforta nella convinzione che la prima cosa che noi chiediamo all'amministrazione comunale è l'autorizzazione a fare, ma contemporaneamente, come fece Luigi XIV, chiediamo all'amministrazione comunale di affermare che l'opera è giusta, necessaria e urgente. Poi tutto il resto verrà.

Alessandro COLUCCI – Assessore ai Sistemi verdi e paesaggio della Regione Lombardia
Come certamente saprete la Giunta regionale di cui faccio parte è dimissionaria da lunedì scorso, quindi il mio ruolo di assessore al verde e al paesaggio è in qualche modo provvisorio. Ciò non toglie però che questo incontro che mi ha rivolto il presidente Biscardini era stato costruito in un momento in cui insieme ci siamo confrontati in tante occasioni su questo argomento interessante e affascinante e che a livello regionale continuerà comunque ad essere oggetto di lavoro sia mio personale ma anche della istituzione regionale.
Il tema dei corsi d'acqua in Lombardia è fondamentale, oltre ai grandi fiumi abbiamo infatti un reticolo di corsi d'acqua naturali e artificiali che è qualcosa di straordinario, è di una bellezza unica da un punto di vista estetico, ed è anche una risorsa molto importante per quanto riguarda l'aspetto economico del nostro territorio, che, non sempre lo ricordiamo, la regione Lombardia è la prima regione agricola d'Europa. Molto spesso nella città di Milano ed il cittadino il milanese non sa che c'è questa forza economica così importante e presente dentro i confini regionali. Quindi il motivo per cui abbiamo questa ricchezza di corsi d'acqua artificiali è anche per garantire al mondo agricolo una costante distribuzione di acqua su tutto il territorio regionale.
In aggiunta, parlando dei Navigli non si può non ricordare la loro utilità per il trasporto delle merci per tutto quello che ha consentito di plasmare anche la città di Milano, basti pensare solo al duomo di Milano. Sappiamo bene come sono arrivate quelle straordinarie e pesantissime lastre di marmo che hanno poi consentito la costruzione di una dei più importanti simboli della città riconosciuta a livello internazionale. Forse anche da questo punto di vista parlando di un tema così delicato io vorrei cogliere l'occasione perché si possa fare cultura sul tema dei navigli perché forse recuperando la storia e il loro valore ci possa consentire di pensare al futuro e a un vero e proprio rilancio.
I Navigli sono sicuramente una infrastruttura storica, monumentale e paesaggistica e questo bel sogno che l'associazione Riaprire i Navigli e il suo presidente Biscardini stanno lanciando questa mattina va considerato anche alla luce degli strumenti che le istituzioni, e la regione in particolare, hanno a disposizione per dare una idea di concretezza a questo progetto.
Il piano territoriale ed il piano paesaggistico della regione Lombardia, recentemente approvati, prevedono il tema della tutela e della salvaguardia dei Navigli e dell'ambiente che li circonda, ma inserisce anche un concetto nuovo che è quello della valorizzazione di questo importantissimo corso d'acqua. Ancora, se si entra nel merito del piano territoriale regionale dei Navigli lombardi, il cosiddetto PTRA Navigli, all'interno di questo strumento viene ben identificata quale può essere la connessione tra la pianificazione territoriale e la valorizzazione e la fruizione dei Navigli.
Quindi è necessario mettere insieme questi due elementi che per la città di Milano e per la regione Lombardia sono importanti: la possibilità di valorizzare ma anche di garantire uno sviluppo. Noi non possiamo mai trascurare il fatto che davanti a ogni forma di tutela dobbiamo tenere in considerazione quanto è importante il livello competitivo che il mondo produttivo il mondo economico della nostra regione ci richiede e soprattutto di essere certi di non creare meri vincoli o impedimenti, ma dare delle certezze per far capire come tutti gli attori sul territorio si possono muovere.
Lo dico perché uno degli atti che in questa legislatura ho avuto l'onore di promuovere, è stato dare il vestito ai vincoli sul naviglio di Magenta e Abbiategrasso. Lo ricordo perché è stato il primo esempio di scrittura dei vincoli sul Naviglio e su quello che lo circonda che ci ha consentito di evitare una forma di incertezza da parte di tutti gli attori che si muovono intorno a quella fascia di corso d'acqua perché chiunque a partire dagli attori industriali imprenditoriali - e voi certamente saprete quanto numerose sono le attività industriale e economiche sono in quella tratta di Naviglio - avessero risposte certe e tempestive. Si deve infatti evitare che a progetti presentati dalle aziende, con dispendio di risorse e di tempo, per sviluppare le proprie attività aziendali, venissero poi dopo anni negate le autorizzazioni.
Allora quale è stato il motivo per il quale abbiamo creato dei vincoli su quella fascia di Naviglio e si dovrà ancora lavorare su tanti altri ambiti. L'obiettivo è stato non creare dei vincoli per impedire di fare le cose ma, per dare certezza di cosa si può realmente fare e saperlo in anticipo in modo tale da consentire la tutela e la salvaguardia, ma anche per evitare la sensazione da parte di chi opera su quella parte di territorio che viva male il fatto che ha il Naviglio a fianco e lo consideri più una sfortuna perché gli impedisce di fare delle cose che invece una fortuna da un punto di vista attrattivo e da un punto di vista paesaggistico.
E allora per parlare ancora più di sostanza visto che si sta parlando della possibilità di ridare vita ai corsi d'acqua nella nostra città io vorrei parlare di qualcosa che già abbiamo previsto, perché i Navigli di Milano e il progetto del recupero della Darsena e del Naviglio Grande fino a San Cristoforo con il collegamento di questo con la via dell'acqua dell'expo sono già delle concretezze. Da queste certezze può partire il progetto che è stato lanciato questa mattina ricordandoci che però il paesaggio che molto spesso viene identificato solo come un fattore estetico in realtà è la straordinaria combinazione fra l'interazione dell'uomo e l'ambiente che lo circonda e che è lì che diventa paesaggio. Soprattutto in regione Lombardia e soprattutto a Milano il paesaggio è fatto molto dall'antropizzazione dall'intervento dell'uomo e i Navigli sono per questo un esempio assoluto.
Dobbiamo pensare che per sognare su un progetto così importante dobbiamo andare sul concreto e capire che cosa si può fare e allora l'idea di riaprire alcune parti dei Navigli vuol dire anche avere l'acqua disponibile, vuol dire sapere che l'acqua serve per l'ambito agricolo. Ad esempio per la costruzione di questo pezzo di corso d'acqua per expo abbiamo dovuto individuare quali sono le fonti di approvvigionamento dell'acqua: sia la Martesana che il Villoresi che è un altro canale artificiale sul quale abbiamo costruito una valorizzazione attraverso il parco Villoresi che unisce due parchi regionali: il parco del Ticino e il parco Adda Nord, parchi locali a interesse sovra comunale che riguarda ben 30 comuni che hanno lavorato su questo progetto.
E questa esperienza del Villoresi, replicandola sulla iniziativa di stamattina fa venire in mente che un corso d'acqua artificiale se valorizzato può essere una cornice di riferimento per l'aspetto paesistico, naturale e ambientale, anche da un punto di vista politico e amministrativo un punto di riferimento su cui sviluppare l'idea di crescita di una città sempre ovviamente con le compatibilità che vi dicevo poco fa.
E poi non c'è da trascurare che oltre a pensare a costruire una riapertura di quello che oggi è coperto dobbiamo anche mantenere quello che c'è. Su questo tanto è stato fatto ma bisogna fare ancora moltissimo, sono state fatte molte sponde del Naviglio ed i porti di approdo perché inizia a esserci turismo di fruizione. Non possiamo pensare che il 2015 con expo non possa non essere luogo di riferimento per il turismo e per valorizzare questo straordinario patrimonio che sono i Navigli.
Noi con i finanziamenti che abbiamo dato per ristrutturare tutti i corsi d'acqua del Naviglio abbiamo visto che gli enti locali sono molto dinamici e volenterosi di rilanciare questo aspetto anche da un punto di vista turistico. Ad esempio, parlando con la Confcommercio si scopre che molti dei pacchetti turistici che arriveranno al traguardo del 2015 includeranno una fruizione vicina a Expo ma soprattutto concentrata sulla città di Milano nella valorizzazione del Naviglio. Queste sono cose che ci fanno sognare da un punto di vista di immagine e di paesaggio, ma parlando di paesaggio ci danno anche delle nuove opportunità economiche perché in un momento di crisi e di difficoltà anche qua possiamo trovare occasioni di profitto e di posti di lavoro che hanno una ricaduta non secondaria che non dobbiamo trascurare.
Quindi devo dirvi che si continuerà a lavorare nonostante le situazioni di trasformazione che a livello regionale stiamo vivendo. Arriverà una nuova giunta che dovrà esaminare questo vostro interessante progetto che propone una prospettiva di fantasia e di sogno perché ci vuole sempre la possibilità di sognare, di immaginare cose grandi però coniugandole con le cose possibili.
Sentivo che il presidente Biscardini parlava del modo di raccogliere le risorse per la realizzazione del progetto. Io credo che oltre a interpellare soggetti che possono darci una mano su questo è necessario far confluire tutte le risorse disponibili su un progetto di cornice ampio come quello del Naviglio perché di risorse ce ne possono essere se ci si concentra su un unico progetto che consenta di creare valore aggiunto dove 1+1 non farà mai 2 ma farà qualcosa in più.
A noi è capitato su un tema ampio prettamente regionale come il Villoresi di cui vi ho fatto cenno poco fa e che ha visto convergere le risorse di tutti gli enti che hanno sottoscritto, compreso Expo. Io credo che anche sulla base di questa esperienza, la regione Lombardia può dare un contributo e il saluto di questa mattina oltre ad essere un gesto per dimostrare vicinanza e amicizia nei confronti del presidente dell'associazione è soprattutto per dare un segnale istituzionale di sostegno a una iniziativa che può veramente aggiungersi a tante altre che hanno già qualificato il territorio che ci fanno recuperare un po' di storia e di cultura e di quei sentimenti di cui la nostra città la nostra regione hanno sicuramente bisogno in un momento così difficile. Sono convinto che parlare di queste cose ci fa battere il cuore e ci serve anche per affrontare il futuro con una speranza diversa e migliore.
Grazie.

Pierfrancesco MARAN – Assessore mobilità e ambiente Comune di Milano
Grazie dell'invito. Io penso che per parlare della riapertura dei Navigli noi dobbiamo concentrarci su qual è l'idea di città del futuro che vogliamo. È un progetto che ha un suo respiro se lo inseriamo in un quadro di cambiamento della città perché, ricordava prima Roberto Biscardini, il percorso di copertura dei Navigli ha attraversato svariati decenni e colori politici, indubbiamente nettamente diversi. La fase dagli anni 20 agli anni 60 beh se si è deciso di coprirli allora è perché si è ritenuto che in quel momento per quell'idea di Milano il Naviglio era un ostacolo allo sviluppo, era un disagio. Non faceva parte dell'idea di futuro della città che si aveva in quel momento, giusto o sbagliato che fosse, il Naviglio non interpretava quel momento di Milano quella trasformazione, quella necessità di industrializzazione di sviluppo veloce.
Oggi la Milano che abbiamo in mente per il futuro è indubbiamente diversa da quella di allora, insomma, dalla trasformazione delle fabbriche che c'è stata negli ultimi due decenni, dal fatto che forse si sta riscoprendo che non il tema ambientale e il tema dello sviluppo economico non sono due elementi separati, ma che una città dalle dimensioni e della qualità di Milano deve tenere insieme questi due argomenti e che una trasformazione ambientale può creare sviluppo economico e lo sviluppo economico può avvenire in un ambiente che è sano da un punto di vista della salute, da un punto di vista della qualità della vita. Anzi è quello che crea benessere nella città moderna.
Siamo in una fase di trasformazione che però vive ancora di pulsioni diverse, questo lo sappiamo, come in tutte le epoche, perché anche allora c'era un consenso di massa per coprire i Navigli ed andare in una direzione e ce n'era un'altra, evidentemente meno forte, che contrastava quella spinta.
Oggi sta accadendo la stessa cosa e non è un caso che questa Associazione nasca adesso e non sia nata dieci anni fa o non nasca in futuro, perché oggi forse ci troviamo nella condizione non certo di dire partiamo, ma però finalmente ne possiamo parlare non come una utopia ma come un percorso che possiamo costruire per arrivare al risultato. E poi, lasciatemelo dire, con la parentesi fantastica dal mio punto di vista, quando sento dire che per la sua realizzazione non si pensa solamente ai soldi dell'amministrazione.
Però non è questo il punto, il punto è che noi dobbiamo dimostrare e coinvolgere la città in questo tipo di cambiamento che il rapporto con l'acqua dei milanesi è sempre stato contrastante e lo è ancora contrastante, perché oggi c'è il tema dei Navigli e se guardiamo alle preoccupazioni della città c'è per esempio tutto il tema del Seveso che è un problema di natura idraulica di esondazione ed è un problema di qualità dell'acqua perché non si vuole giustamente avere quell'acqua a vista in questo momento. Stiamo lavorando, insieme con la Regione, per trovare una soluzione a quel problema per evitare le esondazione e tutte le soluzioni che prevedono di trovare fuori, dal confine di Milano, alcune localizzazioni per la raccolta di quell'acqua, allora spesso incontriamo una forte opposizione popolare. E anche quando andiamo a presentare in alcuni quartieri il progetto delle vie d'acqua non riscuotiamo consenso. Troviamo infatti delle preoccupazioni per le zanzare, al fatto che le vie d'acqua non servono e c'è una mentalità molto diffusa in città per cui il rapporto Milano con l'acqua va ricostruito e questo credo che sia il compito dell'Associazione e anche dell'amministrazione: contribuire a ricreare un rapporto più solido.
Pensiamo al referendum dell'anno scorso che si concludeva, e non era un caso che era l'ultimo dei cinque quesiti referendari, con il tema della riapertura dei Navigli ed era l'ultimo perché veniva indicato come la conclusione ideale di un percorso di trasformazione ma che necessita di tutto il resto per essere capito e concepito dai milanesi.
Si sono chiusi i Navigli perché lo spazio ci serviva per far andare le macchine. Oggi noi stiamo cercando di ridurre il traffico della città, non è che non c'entra questo con l'idea che se recuperiamo spazio verso altre funzioni a quel punto ci può stare anche il fatto che viene recuperato per i Navigli. E anche alcune piccole cose che stanno avvenendo in città, perché area C la vediamo tutti e ognuno ha la sua opinione. Noi per esempio stiamo concludendo in questi giorni i lavori in via De Marchi all'ingresso di Melchiorre Gioia, è un piccolo intervento che però ha lo scopo di ridurre il traffico in Melchiorre Gioia e di spostarlo verso Sammartini verso altre zone. Beh questo c'entra con la ragione per cui Melchiorre Gioia fu coperta, serviva una grande arteria di flusso veicolare che forse oggi alla città non serve più in quelle dimensioni.
Allora noi possiamo creare un cambiamento organico della città ma ha ragione Roberto Biscardini quando dice che non possiamo pensare di recuperare i Navigli un pezzettino alla volta. Poi potremo concepire diverse fasi di investimento ma all'interno di un piano organico. Se guardiamo alla Milano del 2020 del 2030 non saremo più una città di 1milione e 800mila abitanti ma saremo il centro di una grande area metropolitana dove vivono 6-7 milioni di abitanti. È un'area metropolitana che si basa sui confini dei fiumi, ritorniamo al tema dell'acqua, quella è la vera Milano, non tanto quella che amministrativamente si sta creando in questo momento.
Però a quel punto noi abbiamo la dimensione del perché facciamo un intervento che non è solamente di bellezza della città, ma è di recupero di una grande struttura idraulica.
Dopo ci sarà l'intervento dell'ing. Brown di MM e dobbiamo mettere i milanesi in condizione di andare a vedere cosa abbiamo nel sottosuolo dal punto di vista dell'ingegneria degli acquedotti perché è una struttura straordinariamente affascinante, io ho avuto la fortuna di conoscerla da assessore ma non la conoscevo prima e sono convinto che se più milanesi avessero modo di conoscerla anche questo rapporto dei milanesi con l'acqua cambierebbe un pochino. E in meglio.
Allora noi dobbiamo fare un percorso di cambiamento, e però possiamo dircelo, credo senza polemica, che noi anche in epoca molto recente qualche occasione la abbiamo sprecata. Noi ci siamo trovati alcuni investimenti per Expo che a mio giudizio se li avessimo potuti impostare noi sarebbero dovuti essere impostati diversamente. Quanti soldi stiamo spendendo in svincoli autostradali per arrivare in quell'area specifica, insomma, forse quelle centinaia di milioni potevano andare diversamente, forse questo progetto di recupero dei Navigli poteva essere prioritario rispetto alle vie d'acqua o almeno più identificativo della storia e della tradizione di una città. Però i cambiamenti avvengono anche strada facendo e anche noi ci troviamo ad ereditare delle situazioni in cui dovremo con senso di responsabilità proseguire il lavoro pregresso, ma anche utilizzarlo per il cambiamento futuro perché le vie d'acqua possono essere un valore aggiunto importante.
Il recupero della Darsena dimostrerà che non è vero che il Naviglio è un disagio della città ma può essere una grande prospettiva, ed è un bel progetto.
Allora io credo che questa sia una fase di trasformazione importante e non dobbiamo pensare che è una cosa che avviene naturalmente perché le trasformazioni vanno sostenute, vanno valorizzate, vanno ripensate anche in continuazione se vogliono essere al passo con i tempi. Però se noi ci lavoriamo tutti quanti insieme possiamo creare le condizioni perché questo progetto abbia davvero le gambe e questo progetto non ha la difficoltà degli 80 milioni. Il tratto che dobbiamo andare a costruire per arrivare all'Expo ne costa 170 oggi cioè due volte questo progetto e serve la metà, quello che ci manca è la consapevolezza dei milanesi che questa è una loro necessità e su questo dobbiamo fare un lavoro che è molto più difficile però anche molto più affascinante. Grazie.

Roberto BISCARDINI – Presidente Associazione "Riaprire i Navigli"
Gli interventi dell'assessore Maran e dell'assessore Colucci hanno messo bene in risalto non solo i due aspetti fondamentali del problema e cioè che il progetto di riaprire i Navigli è insieme un progetto per Milano e per la Lombardia, ma soprattutto hanno messo in risalto la complessità della problematica della loro riapertura, dove insieme alle richiamate questioni architettoniche, ingegneristiche e trasportistiche citate da Maran, ci sono le questioni ambientali e paesaggistiche poste da Colucci. Colucci mi ha fatto venire in mente una vecchia locuzione, utile a seguire il filo di un visione possibile, secondo la quale i Navigli consentono alla campagna della Lombardia di entrare in città, perché consentono al paesaggio del territorio agricolo di entrare attraverso l'acqua in Milano, fino al cuore del suo centro storico, ma consentono anche alla città di proiettarsi verso l'esterno, verso il suo territorio lombardo. Quindi sovvertendo l'ordine degli interventi, così come era stato previsto, prima di dare la parola a Mario Abis, consigliere della Triennale di Milano, al quale chiediamo di parlare proprio in rappresentanza della carica che ricopre, e prima di ascoltare gli interventi programmati relativi alle questioni di carattere economico, diamo lettura del contributo inviato dall'architetto Giorgio Goggi, professore del Politecnico di Milano, che oggi per diverse ragioni purtroppo non ha potuto essere presente.

Giorgio GOGGI – Professore di Urbanistica – Politecnico di Milano
Devo confessare che, fino a non molto tempo fa, condividevo gli scetticismi sulla riapertura della fossa interna, pensando che ormai lo storico paesaggio dei Navigli era perduto, e mi accontentavo quindi delle programmate ricostruzioni di alcuni singoli manufatti.
Ben presto, però, mi sono reso conto che il nostro problema non è "ricostruire" quello che non c'è più, bensì "costruire" nuovo paesaggio per Milano e nuove opportunità di sviluppo per la città.
Solo costruendo responsabilmente e coraggiosamente nuovo paesaggio e trasformando la città potremo avviare un circolo virtuoso che porti Milano fuori dall'attuale crisi e costruisca la prospettiva di un futuro migliore.
Sono quindi per la nuova "apertura" della fossa interna dei Navigli.
Con l'apertura della nuova fossa interna ed il collegamento con i Navigli ancora esistenti è possibile riattivare una rete di canali che comprende gran parte della regione, dal lago di Como al Maggiore, fino al Ticino, passando per Milano.
Questo vuol dire anche creare un sistema di piste ciclabili di livello regionale, tra le più grandi d'Europa, con tutte le connesse attrezzature e servizi per il tempo libero.
Questo proietterà Milano nell'economia del tempo libero a livello mondiale, il che sarà da traino anche ad un più intenso sfruttamento turistico delle risorse monumentali e culturali della città e della Lombardia.
La nova apertura non sarà quindi un costo per la collettività, ma un investimento che produrrà reddito e nuove opportunità di lavoro.
Tuttavia, mi preme soprattutto considerare quello che avverrà in Milano: la nuova fossa non potrà coincidere in tutto con l'antica (occorrerà consentire gli accessi ai fabbricati) ma avrà l'effetto di assoggettare tutta la cerchia dei Navigli al prevalente uso pedonale.
Questo sarà un grande passo in avanti, sia perché le strade che sembravano così necessarie negli anni '30 oggi non lo sono più, sia perché farà cessare lo scandalo di una strada di centro storico percorsa dal traffico di un'autostrada urbana tanto per volume quanto per velocità (nelle ore non di punta, ovviamente).
Si avvererebbe quello che già era stato previsto nel Piano di Traffico del 2003, quando si verificò che, date le mutate condizioni, la cerchia del Bastioni sarebbe bastata per garantire l'accessibilità al centro, e si progettò di togliere alla cerchia dei Navigli la funzione di circonvallazione interna.
Ma soprattutto sarà possibile avviare la riqualificazione del paesaggio urbano di Milano ed un più accorto uso delle sue aree centrali.
Una riqualificazione attuata non per mezzo di divieti e tariffe d'accesso, quelli che hanno ridotto il traffico e l'accessibilità, lasciando il paesaggio urbano ugualmente degradato dall'invasione delle auto in sosta, ma con un'azione attiva che ponga come primo obiettivo la ricostruzione del paesaggio ed inizi da questa.
La conseguenza sarà anche meno congestione e meno traffico ma non perseguita come unico e solitario obiettivo, bensì ottenuta come risultato di una politica di sviluppo della città.
Giorgio Goggi

Mario ABIS – Professore di Ricerche Psicosociali all'IULM di Milano
Grazie molto dell'invito perché mi interessava partecipare a questa iniziativa sia perché a me personalmente come cittadino piace e mi interessa molto essere presente ma anche perché, e lo ricordavo a Roberto Biscardini, sono consigliere della Triennale, e siccome credo che la Triennale, con lo sforzo che sta facendo negli ultimi mesi di definire un posizionamento nella sua missione istituzionale verso i temi dell'urbanistica oltre che del design e dell'architettura, ci tenevo appunto per tentare una potenziale relazione tra questo progetto e anche quello che fa Triennale.
C'è, tra l'altro, la questione infrastrutturale legata a questo progetto, che già gli interventi che mi hanno preceduto hanno sottolineato, che mi sembra uno dei punti fondamentali rispetto alla destinazione e alla vocazione del progetto stesso.
Se venite in Triennale in questi giorni c'è una bella e importante mostra sui temi delle infrastrutture della storia delle infrastrutture fisiche nel nostro paese. E altri progetti Triennale ha nei prossimi mesi proprio sul tema dell'urbanistica e sull'architettura.
Io sono assolutamente d'accordo con l'assessore Maran quando sostiene che c'è un problema di visione più generale dentro la quale devono essere iscritti i progetti come questo in particolare.
Primo, perché è un progetto che deve essere visionario e, a mio parere, per avere un successo non può essere solo tattico e opportunistico.
Secondo, e qui mi riconnetto al ruolo che può esercitare Triennale, perché in questa città negli ultimi anni non c'è stato un grande dibattito pubblico all'altezza dei temi dello sviluppo di Milano e sul senso di questa città verso il suo sviluppo e la questione architettonica, urbanistica e estetica. Anche il fatto dell'Expo, su cui in qualche modo io sono d'accordo, per le possibilità e le opportunità che offre, pur considerando i limiti che ci possono essere riguardo al tema della natura dello sviluppo della città.
Oggi la questione dello sviluppo di Milano, nel contesto di una crisi che ci presenta problematiche molto complesse ma che offre comunque anche grandi opportunità, deve essere una questione assolutamente da portare al centro del dibattito. Per discutere del futuro possibile di questa grande città e area metropolitana il tema dei Navigli diventa una leva importante per focalizzare e per dare dinamismo a questo dibattito pubblico anche perché, se da un lato è vero che ci sono tutta una serie di pregiudizi sulla città dell'acqua come ricordava Maran, d'altro lato è anche vero che se noi andiamo a vedere quali sono gli elementi identitari di questa città nelle vecchie e nuove popolazioni i Navigli sono sicuramente ancora, ancorché molto simbolici, uno dei quattro cinque punti di caratterizzazione dell'appartenenza milanese. Dico vecchie e nuove popolazioni perché ad esempio dalle ricerche fatte sui giovani figli dell'emigrazione emerge che, oltre i soliti sistemi simbolici, dalla Scala in giù, i Navigli sono un elemento di ancoraggio molto importante. Quindi c'è al di là della tradizione, come tutti i simboli e i vincoli, anche una idea una fascinazione rispetto a quello che i Navigli possono rappresentare.
Quindi, arrivando alla concretezza più volte richiamata, la prima questione che dico ai miei amici che promuovono il progetto a cominciare da chi ci ospita, è che per dare corpo al progetto bisogna aprire un grande dibattito pubblico soprattutto su questo tema ecco perché la Triennale può essere un punto di riferimento importante per quello che sta facendo e farà.
Dico subito concretamente che nell'ambito di diverse mostre sullo sviluppo della città io personalmente ho preso l'impegno di portare questo progetto alla Triennale e aprire lì per esempio un dibattito pubblico.
D'altra parte penso che Roberto Biscardini lo sappia bene che se non c'è un grande dibattito, un progetto di questa dimensione mai e poi mai potrebbe essere messo in gioco. Già il fatto di dibatterne secondo me è un punto costitutivo del progetto stesso perché dibattere non significa e sono assolutamente d'accordo con le cose che diceva il professor Goggi, non è una questione del recupero di un manufatto. Perché secondo me c'è sempre stata questa distorsione, se ne parla tanto dei Navigli come una roba vecchia che viene un po' recuperata e questo crea dei pregiudizi, dei blocchi di interesse sociale, mentre, e questo è il cuore del dibattito, il tema è l'infrastruttura Navigli vecchi e nuovi nella nuova logica non per la città, ma per l'area metropolitana.
Questo è il punto fondamentale perché anche il dibattito sul futuro che diceva l'assessore, cos'è Milano, quale area metropolitana è, parte da un discorso, a mio parere, di individuazione di quali sono le infrastrutture portanti di questo tessuto urbano che permette fra l'altro non solo la qualità di vita urbana del territorio ma anche di essere competitivi.
Quando si parla di attrattività di una città e area metropolitana nel quadro internazionale si parla anche di queste cose, di densità qualificate delle popolazioni, di sistemi di infrastruttura fisica e immateriale ecc.
Quindi il tema non è soltanto la questione di come riaprire i Navigli con questa vocazione innovativa partendo dalla tradizione e facendo innovazione, ma anche capire gli elementi che possono portare al valore attrattivo della città in generale rispetto all'esterno. Questo è un punto a mio parere molto interessante perché vi sono tre livelli di applicazione del progetto.
Primo, il tema infrastrutturale che si porta dietro tutta una serie di contenuti su cui è bene discutere su cosa vuol dire l'utilizzo economico dei navigli, l'utilizzo in termini di trasporto. Io ad esempio sono affascinato dall'idea che ci sia una circolazione fluviale nella città. Comunque c'è un tema delle infrastrutture in quanto tale che porta dei contenuti e delle funzioni e già quest'ultima è di dibattito molto innovativo.
Il secondo è il tema del turismo perché tutto quello che è stato disegnato è molto interessante ma bisogna vedere nella concretezza dei sistemi competitivi internazionali perché i sistemi di questa natura ci sono e sono molto evoluti in Europa e nel mondo.
Il terzo elemento è il tema strettamente del patrimonio artistico e culturale perché i Navigli ed il progetto di riapertura dei Navigli è in sé un progetto artistico e culturale per una parte ma dall'altra parte è un punto di valorizzazione del territorio dei diversi patrimoni che nell'ambito del percorso possono essere individuati.
Quindi il dibattito sul ruolo e sul futuro dei Navigli nella grande città metropolitana, il valore di ricchezza e di servizio interno e esterno dei Navigli, sono temi che vanno analizzati a fondo per qualificare un progetto molto interessante anche perché sembrerebbe piuttosto accessibile per le dimensioni del finanziamento necessario.
È evidente che più il dibattito è affascinante e tocca questi temi più anche il drenare risorse di privati potrebbe essere importante. Tenete conto che Navigli Milano futuro Milano è anche una gigantesca possibile operazione di comunicazione che possiamo esercitare e come tale può determinare un interesse e una attrazione ulteriore. L'altro tema è il coinvolgimento della comunità e dei cittadini per il discorso identitario che dicevo prima e quindi il tema del coinvolgimento della comunicazione sociale alle popolazioni per rompere quella catena di vecchi pregiudizi che venivano citati prima. Questo è un punto fondamentale per questo progetto. Perché, a mio parere, se non ha una forte base di consenso è un progetto che avrebbe difficoltà a decollare.
Quindi io penso che l'operazione città d'acqua - grande centro di un'area metropolitana europea - infrastruttura e valore cultuale, questi sono i punti diciamo di determinazione identitaria del progetto e credo che tutta questa operazione di comunicazione e dibattito debba essere cominciata subito per due motivi. Il primo perché i tempi di elaborazione sono come ben sappiamo lunghi e questo progetto se non viene definito in tempi rapidi nella sua concretezza rischia poi di evaporare, e secondo, perché c'è la connessione che è una opportunità nella complessità rispetto all'Expo, quindi per le cose che diceva anche prima l'assessore Colucci vedere di dare una circolarità virtuosa a questo passaggio nel dibattito pubblico. Insisto sul tema del dibattito pubblico, perché si parla molto della città però se noi andiamo a vedere le questioni fondamentali, questa è una città che nella crisi e nelle difficoltà della crisi, sa cogliere opportunità e si sta comunque trasformando con buchi neri e quesiti molto aperti.
Si sta trasformando per le grandi operazioni immobiliari che vengono fatte. C'è di mezzo l'Expo, ci sono dei passaggi e delle discontinuità assolutamente forti ma se noi andiamo a vedere il dibattito pubblico sul tema della qualità urbana della città che è un elemento in questa fase molto importante, sul tema dell'estetica della città, sui temi legati alla mobilità e gli impatti delle trasformazioni sociali, vediamo che il dibattito è veramente molto ma molto spento.
Vi dico due cose che a me personalmente stanno molto a cuore. Per esempio non c'è nessun dibattito nella città su alcune questioni critiche che dal punto di vista della dimensione dell'impatto sociale sono nevralgiche. Mi riferisco al dibattito sul gate di Milano come la stazione Centrale, oppure la Malpensa. I due gates della città badate bene non sono solo importanti per chi ci vive ma sono importanti anche nel quadro del modello attrattivo internazionale.
Noi abbiamo una stazione Centrale, gate fondamentale della città, che riguarda una mobilità di 400 500mila persone al giorno che è stato completamente rifatto, ma che presenta delle forti criticità ed ha elementi che definirei quasi barbarici dal punto di vista della funzionalità urbana della città. Questo per dire che mi stupisco del fatto che non venga aperto un dibattito pubblico su queste questioni.
Se parliamo di Malpensa non posso tacere che amici miei che vengono da tutto il mondo e mi fanno notare che noi siamo la patria del design e abbiamo queste cose qui come nostra porta d'accesso.
Oggi c'è un tema che è la forza di Milano che è il suo policentrismo di funzionalità e di complessità dell'area metropolitana e quindi penso che l'operazione Navigli possa diventare il motore di un più ampio esercizio di dibattito pubblico su quelle che sono le grandi questioni della città che impattino sul tema della visione della trasformazione futura della città stessa.
Grazie.

Vittorio BIONDI – Direttore Settore Territorio Ambiente Energia di Assolombarda
Grazie mille innanzitutto dell'invito.
Gli interventi che mi hanno preceduto in realtà hanno già introdotto talmente tanti temi nella discussione che anche solo cercare di riprendere e commentare alcuni degli spunti delle sollecitazioni sarebbe sufficiente per riempire l'intervento. Io vorrei portare un contributo cercando di immaginare quale possa essere la percezione rispetto a questo progetto dell'insieme delle aziende associate ad Assolombarda e cercherò di farlo in modo sintetico e magari apodittico.
Un primo elemento che va tenuto in considerazione è che un numero molto elevato di imprese milanesi e lombarde considera che la cura del territorio, il rilancio e la valorizzazione delle risorse del territorio siano una enorme occasione dal punto di vista dello sviluppo economico, e non un mero vincolo. Questa consapevolezza è ormai, posso sinceramente dirlo con cognizione di causa, una conquista da considerare acquisita.
A questo proposito cito un paio di numeri a titolo puramente esemplificativo. Assolombarda ha fatto negli anni scorsi una mappatura del numero di imprese che sono presenti nelle varie filiere della cosiddetta green economy: l'acqua, l'aria, i rifiuti, l'energia, la mobilità sostenibile, l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili, e così via.
Una realtà che è fatta da centinaia di imprese, decine di miliardi di euro di fatturato e migliaia di addetti. Sto parlando del territorio di nostra competenza e quindi sostanzialmente l'area metropolitana milanese. Questo per dire che forse questi numeri non compaiono abbastanza e non hanno una sufficiente visibilità, ma posso assicurare che la realtà con cui ci confrontiamo è questa.
Una seconda considerazione relativa al progetto di cui oggi parliamo. Assolombarda riceve ed esamina molti progetti di trasformazione urbana e di intervento infrastrutturale, tunnel, gallerie, potenziamento delle reti di trasporto e viabilità, progetti che come questo in un qualche modo ripensano l'assetto del territorio. Alcuni hanno magari più gambe per camminare, altri ne hanno meno, però tutto quanto può servire a rendere questo territorio più vivibile, più attraente, più ricco anche dal punto di vista della qualità urbana è benvenuto.
Ciò che però spesso mi colpisce è il fatto che chi propone un progetto è molto concentrato sul progetto stesso, quindi sui benefici, sulle caratteristiche, sulle potenzialità e anche sui limiti, ma fatica ad inserirlo in un quadro più generale.
Il prof. Abis mi ha anticipato poco fa dicendo una cosa che condivido e cioè che oggi si fatica a condividere e definire un'idea di città che possa avere senso per i prossimi 10 o 20 anni.
Io credo che anche il sindaco Greppi quando, accanto alle macerie del conflitto mondiale, disegnava le linee delle metropolitane da costruire avesse un'idea di quale sarebbe stato o potuto essere lo sviluppo di quest'area metropolitana; avesse un'idea anche di quale poteva essere il punto di equilibrio tra le varie attività economiche che si sarebbero sviluppate - e che poi in realtà in gran parte si sono sviluppate.
Allora io penso che questo sia un periodo nel quale è richiesto a tutti gli attori sociali ed economici e alle istituzioni uno sforzo di progettualità; di creatività, di innovazione come questo progetto sicuramente testimonia.
Però bisogna avere anche il coraggio di esplicitare alcune scelte e alcune direttrici di azione.
Milano ha appena chiuso il piano di governo del territorio che - a mio modesto parere - dovrebbe in qualche modo dare delle importanti indicazioni rispetto al progetto di cui stiamo parlando e al contesto in cui questo progetto si colloca. È una città che sta ragionando di un piano urbano della mobilità sostenibile quindi di qualcosa che potrà avere notevoli effetti, spero benefici, sullo sviluppo della città.
Io credo pertanto che questo progetto vada collocato in un contesto più generale che riguarda lo sviluppo della città e l'identità stessa di Milano e questo per dare al progetto le migliori possibilità di successo e per verificarne la fattibilità che non è solo, credo, legata agli 80milioni di euro necessari per la sua realizzazione a detta dei suoi promotori.
Certo oggi la finanza pubblica, anche quella locale, non scoppia di salute. Ad esempio molti sindaci con i quali intratteniamo rapporti ci illustrano un quadro drammatico dal punto di vista delle risorse pubbliche disponibili, e non per progetti di questa ambizione, ma per cose molto più vicine alla sopravvivenza o comunque al minimo funzionamento dei servizi comunali.
Non voglio drammatizzare la situazione, ma credo sia giusto un bagno di sano realismo rispetto a ciò che in questo momento da un punto di vista sia delle risorse finanziarie e decisionali la struttura pubblica è in grado di mettere in campo.
La finanza di progetto, si dice; ecco, qui ho l'impressione che negli anni scorsi la finanza di progetto sia stata spesso considerata un po' come Babbo Natale e cioè qualcuno che, in qualche modo e per qualche motivo che non sempre si approfondiva, avrebbe dovuto mettere sul tavolo risorse ingenti per la realizzazione di progetti ambiziosi.
Vale la pena di ricordare che se alcuni progetti infrastrutturali per i quali si è fatto ricorso alla finanza di progetto in questo momento sono un po' in difficoltà, allora forse è bene essere consapevoli che non basta evocare la finanza di progetto perché questa poi improvvisamente si traduca in risorse disponibili.
Sicuramente potrebbe essere possibile pensare a una mobilitazione civica cittadina, anche sul modello di quelle degli anni '50 e '60, però anche su questo io suggerirei una certa prudenza rispetto alla disponibilità generale dei cittadini a contribuire a progetti pubblici che in questo momento non credo vada data per acquisita. Questo lo dico non per fare l'avvocato del diavolo, ma perché credo che sia opportuno e giusto acquisire seriamente e porsi seriamente il tema della realizzabilità e sostenibilità di questo progetto.
Io credo che sia giusto attingere alla suggestione di un progetto come questo pensando a quando si imparava a nuotare sui navigli e a quando negli anni 20 e 30 il profilo di questa città era profondamente diverso da quello che è oggi, però credo che, questo è un mio punto di vista personale, non sia il modo migliore in cui vendere o presentare un progetto quello di un ritorno al passato; perché nel frattempo in questa città sono successe tantissime altre cose dal punto di vista degli insediamenti produttivi, delle popolazioni residenti, delle trasformazioni urbane.
Se questo progetto potrà essere realizzato, credo che dovrà tener conto anche di una serie di trasformazioni che sono avvenute in questi decenni, per esempio, è vero che rispetto a 20 o 30 anni fa questa città non ospita più grandi insediamenti manifatturieri. Però dobbiamo sapere che a Milano esiste ancora un tessuto produttivo anche manifatturiero proprio, con caratteristiche ovviamente diverse dalla Breda, dalla Falck o dalla Pirelli, ma che rappresentano un elemento di vitalità importante per l'economia della città, con caratteristiche ed esigenze diverse, che andrebbero analizzate e interpretate a fondo. Mi riferisco a un tessuto produttivo fatto di attività che non sono assolutamente in collisione e in contraddizione con progetti come questo, ma che troppo spesso vedo un po' scomparire dal dibattito pubblico.
Milano fino ad oggi ha ospitato i centri direzionali di numerose grandi imprese e rilevanti attori industriali e finanziari; che vuol dire ovviamente sviluppo, attrattività, ricchezza, un ruolo di città globale che questa città speriamo continui ad avere.
Segnalo il fatto che alcune di queste importanti realtà produttive hanno fatto o stanno facendo scelte di delocalizzazione all'esterno della città o anche più lontano. Questo avviene per un insieme di ragioni che non ho qui il tempo di analizzare, ma segnalo che si tratta di un pericoloso e avanzato processo di impoverimento del tessuto economico e produttivo di questa città.
Allora, e per concludere, non vorrei dare l'impressione di parlare di altro rispetto al progetto, ma quello che sto cercando di dire è che qualunque tipo di progetto, questo incluso, che si faccia con un respiro che non è quello dei mesi o di pochi anni, ma che si proponga l'idea di ridefinire il profilo della città, deve tenere in considerazione una serie di processi che abbiamo tutti di fronte, e qui con le conseguenze positive o negative che possono avere. Lo dico con una battuta provocatoria e con la massima franchezza, misurare la qualità urbana della città o del centro della città utilizzando come unico indicatore o come indicatore prioritario quello della quantità di veicoli che transitano o della congestione del traffico a me personalmente convince poco.
E' ovvio che la fluidità dei flussi di traffico è un elemento fondamentale della qualità urbana, però attenzione: qualunque flusso identifica un'attività che lo giustifica alcune delle quali sono sopprimibili o altrimenti gestibili, ma altre un po' meno: quelle per esempio di carattere economico e produttivo sono quelle che hanno dei margini di modifica minori, tanto è vero che quel 30- 34% di traffico in meno negli 8 km dell'area C in gran parte è traffico privato, cioè quello rispetto al quale le abitudini possono essere più facilmente modificabili.
Un altro indicatore di vitalità di una città è quello legato al grado di occupazione degli spazi. Il centro di Milano oggi, per chi ci transiti, ci lavori o ci viva, in questo momento non dà la sensazione di scoppiare di salute. Una serie di fenomeni di carattere economico, tra cui in primis la situazione del mercato immobiliare, fanno sì che probabilmente abbia bisogno, insieme a tutta la città, di un'iniezione di attività, di sviluppo, di creare le condizioni affinché la vitalità economica, sia massima, perché altrimenti si rischia di creare delle situazioni nelle quali anche alcuni piccoli processi di desertificazione urbana ovviamente sono preoccupanti.
In conclusione, credo che progetti come questo siano preziosi perché ci costringono ad affrontare temi di grande ambizione rispetto al futuro ed allo sviluppo di questa città. Naturalmente è importante il concorso di tutti, ciascuno dal proprio punto di vista: istituzioni, attori economici e sociali, comunità accademica svolgano ognuno il proprio ruolo e portino il proprio contributo in termini di idee e di progetti.







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