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SENZA LE CONCHE NON C'E' NAVIGAZIONE - Il nostro libro su "Le Conche. Per la navigabilità dei Navigli lombardi" recensito oggi da Marta Ghezzi sul Corriere della Sera - 8 aprile 2021

08 aprile 2021

Le opere di ingegneria idraulica in tutto sono 54, molte restano solo nei quadri. L’urbanista Roberto Biscardini: «La metropoli contemporanea deve riscoprire la sua acqua come risorsa fondamentale»

Un libro per riaprire la discussione. Per tornare a parlare di quel sogno, Milano città d’acqua, su cui da dieci anni ciclicamente (ostinatamente, pensano i detrattori) si ragiona. Un sogno, la navigabilità urbana, che altrove si realizza: Seoul ha appena aperto un tracciato d’acqua, Madrid rende percorribile alle imbarcazioni il fiume Manzanares, si sale in battello perfino a Berlino (oltre che a Parigi, Londra, in Belgio e in tutta l’Olanda).

Milano ha una vocazione fluviale: il primo canale navigabile, la Vettabbia, è di epoca romana; i navigli sono fra i canali più antichi d’Europa; lo scalo portuale della Darsena raggiunse importanza nel tardo Medioevo e divenne prezioso nell’immediato dopoguerra, sabbia e ghiaia per la ricostruzione venivano scaricate sulle sponde oggi terra di movida.

«Ripristinare il fitto reticolo d’acqua artificiale che caratterizzava Milano sarebbe anacronistico, ma la metropoli contemporanea deve riscoprire la sua acqua come risorsa fondamentale», spiega l’urbanista Roberto Biscardini, presidente dell’Associazione Riaprire i Navigli. «Un intervento di riapertura mirata avrebbe alto valore ecologico». Il libro fotografico «Le Conche. Per la navigabilità dei Navigli lombardi» (Biblion), che Biscardini firma con l’architetto Edo Bricchetti, indica la strada. Il punto di partenza è semplice: non c’è navigabilità sui Navigli senza le conche, le opere di ingegneria idraulica che permettono di superare i dislivelli di fiumi e canali «oggi definite tutte vinciane, in realtà esistevano anche prima di Leonardo da Vinci, portine rudimentali a monte e a valle».

Il libro è diviso in due parti: un primo inquadramento generale per orientarsi (con un capitolo sul significato del ripristino e restauro delle conche), e una seconda sezione, con un ricco apparato iconografico, per viaggiare. Si «naviga» su due direttrici: Lago Maggiore-Milano, lungo il Ticino, il Naviglio Grande e quello di Bereguardo, e Como-Milano, via Adda, Naviglio di Paderno e Martesana. «Di ogni conca presentiamo dati tecnici, la larghezza, l’altezza del salto d’acqua, lo stato di manutenzione, ma a emergere, grazie alle foto, è anche il paesaggio intorno, il territorio milanese e lombardo. Dimostriamo che le conche potrebbero stimolare un turismo di prossimità». Gli autori le hanno schedate tutte, sono 54, fra quelle esistenti (anche se inattive) e quelle che non si vedono più, se non in foto d’epoca o nei quadri dei vedutisti lombardi. «Milano le ha perse quasi tutte, scomparse per un frettoloso furore di modernizzazione urbana», lamenta Biscardini. «Mancano all’appello la conca di San Marco, nella piazza dove un tempo c’era un micro lago; del Marcellino in via Fatebenefratelli; di via Senato; Sant’Ambrogio e Cassina de Pomm».

 







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