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UNA NUOVA ECOLOGIA PER MILANO, CON I NAVIGLI E MOLTO ALTRO di Giorgio Goggi - 2 maggio 2020

02 maggio 2020

I contributi di Riaprire i Navigli sul tema: I NAVIGLI E MILANO DOPO IL CORONAVIRUS

2 di Giorgio Goggi - 2 maggio 2020
UNA NUOVA ECOLOGIA PER MILANO, CON I NAVIGLI E MOLTO ALTRO

Intervengo con una certa riluttanza sul tema di cosa sarà Milano nella fase 2 della pandemia. perché, mentre sento dire da molte parti che “andrà tutto bene”, non ne sono del tutto sicuro. O, meglio, tutto potrà andar bene solo se saremo in grado di scegliere le azioni giuste.

La fine della pandemia ci lascerà con vasti strati della popolazione milanese a lombarda fortemente impoveriti, non certo i benestanti o quelli a reddito fisso, ma molti professionisti, commercianti, piccole e medie aziende che hanno perso mesi di fatturato, che non sanno come riprendere ed ai quali lo Stato propone una mancia di 800 € e poi di indebitarsi.
Se non riusciremo a recuperare tutte queste forze nell’economia milanese, insieme ai soggetti più deboli e agli ultimi, superando le disparità, Milano e la sua regione urbana non saranno più le stesse e ci vorrà un lungo tempo per recuperare.
La fase 2 dovrà essere pensata per non lasciare indietro nessuno. E dovrà essere usata per cambiare in meglio la nostra città, in senso maggiormente ecologico, ma senza fughe in avanti.

Il Sindaco Sala ha accettato di buon grado (sembrerebbe quasi con entusiasmo) l’imposizione governativa di ridurre del 70% i passeggeri del trasporto pubblico. Chi non troverà posto sui mezzi dovrà, nelle sue intenzioni, spostarsi i biciclette o a piedi. Ha anche rilanciato l’auto elettrica per il dopo pandemia.

Ma non tutti sono giovani “millenial”, non tutti si spostano solo in città, e centinaia di migliaia di lavoratori attivi a giornalmente a Milano vengono dai comuni dell’area urbana milanese nell’ambito di 50 Km dal capoluogo.
Mantenere il distanziamento previsto sui mezzi pubblici vuol dire che questi potranno portare sì e no il 30% dei passeggeri che li usavano. Né si può pensare ad un aumento delle frequenze che, per i treni e le metropolitane nelle ore di punta, sono già al limite di sistema.

Un conto è presto fatto: la metropolitana trasportava 1,2 milioni di passaggieri la giorno, gli altri mezzi almeno 500 mila, Trenord dichiarava 800 mila passeggeri al giorno.
Ridotta del 70%, la capacità di tutti questi mezzi sarà di 750.00 passeggeri al giorno. Che ne sarà dei restanti 1.750.000 spostamenti?
Ammettiamo che il 30% degli addetti (vedi il Corriere del 28.4.2020) continuerà con lo smart working il che vuol dire risparmiare 750.000 spostamenti; resta un milione di spostamenti insod-disfatti.
Anche a scuole chiuse si tratta di una enorme domanda di mobilità.

Avremo un milione di nuovi ciclisti? Ciclisti di tutte le età che dovranno venire in bicicletta non da Milano, ma anche da Desio, Gessate, Seregno, Cantù, ovvero da tutto il bacino degli almeno 5 milioni di abitanti dall’area urbana milanese lombarda, quello che ora è servito da questo trasporto pubblico, perché bisogna sempre ricordarsi che la mobilità su Milano costituisce la maggior parte della mobilità di tutta quest’area.
Sarebbe opportuno utilizzare gli autobus vecchi e quelli di noleggio, ma poiché la frequenza di punta dei tram milanesi è mediamente di 7 minuti e quella della M1 di poco più di 70 secondi, ce ne vorrebbe uno ogni 3 minuti per aver la stessa capacità di trasporto precedente. E’ comunque una buona soluzione, tenendo presente che ci sarà un calo di domanda per il lavoro a domicilio e la modifica degli orari, che ora è prevista dall’ordinanza regionale.

Forse sarebbe più saggio cambiare il sistema ed incrementare i dispositivi di protezione personale per consentire maggiore capacità; se tutti portassero mascherine e guanti in contagio potrebbe essere molto limitato consentendo un riempimento del 70% con il che i conti tornerebbero. Sicuramente gli orari della città in questa fase andranno cambiati.

Nella pandemia il mezzo sicuro è l’auto, ma la scarsità degli stazionamenti urbani non consente che possa dare un contributo significativo.
Inoltre il Sindaco sta realizzando nuove piste ciclabili e i dehors dei negozi eliminando parcheggi, cosicché queste decisioni (riduzione dei posti nel trasporto pubblico e riduzione di parcheggi sono l’una contrastante l’altra).

Senza avere nulla contro le auto elettriche, siamo sicuri che si debba puntare su queste per uscire dalla pandemia?
Siamo davvero sicuri che la popolazione impoverita e in difficoltà economica vorrà rottamare le proprie auto per acquistare auto elettriche assai costose e dall’autonomia limitata (per le quali la maggioranza non possiede spazi per la ricarica)?
Queste fughe ecologiche in avanti non sono consigliabili in questa fase, vanno ulteriormente a colpire i cittadini e le famiglie meno abbienti, ovvero coloro che sono già stati i più colpiti dall’emergenza sanitaria.

Meglio sarebbe prolungare per almeno due anni la sospensione dell’area B. Intanto nei giorni trascorsi si è verificato che le polveri sottili sono aumentate ad alti livelli, mentre il traffico era quasi assente, come ha dimostrato Gianluca Gennai su Arcipelagomilano del 9 aprile.
Vale la pena di riconsiderare le politiche contro l’inquinamento e meglio valutare il contributo dei riscaldamenti, quelli che meglio e più produttivamente possono abbandonare i combustibili fossili.
Peraltro l’area B, frettolosamente varata, che vuole eliminare tutti i diesel e consentire le auto a benzina, è già stata superata dalla tecnica: i diesel Euro 6d inquinano meno delle auto a benzina (Corriere del 26.4.2020). Anche questa andrà ripensata.

Eppure Milano sempre dovrà investire sull’ecologia, e molto, per superare l’emergenza, non sul capitale variabile posseduto dai cittadini, ma sul capitale fisso della città: nuove e ampie pedonalizzazioni e zone 30. Queste però vanno realizzate secondo le tecniche internazionali, non mettendo un cartello con il limite di velocità (come, ahimè, si è già fatto a Milano) ma ridisegnando le strade e l’accessibilità ai quartieri, in sicurezza, separando la ree locale da quella portante e lasciando il traffico interquartiere a quest’ultima.

L’intervento cardine dovrà essere la riapertura del Naviglio, da farsi con urgenza, da sola potrà regolare tutto il centro storico in una nuova dimensione ecologica.
Seguiranno, verde, parchi, e acqua, con la necessaria e urgente riqualificazione del sistema degli stazionamenti pubblici e privati.

La Milano sedotta dalle fortune immobiliari dovrà cambiare pelle, anche perché penso che non sarà immediato riattivarle.
Giustamente Giangiacomo Schiavi, sul Corriere del 19 aprile, ha dato una lezione di saggezza chiedendosi perché si debbano sradicare Besta e Istituto dei Tumori ai fini dello sviluppo immo-biliare dell’area ex-Falk.
Molte altre improvvide scelte urbanistiche dovrebbero essere riviste e penso agli scali ferroviari, cospicuo capitale pubblico inopinatamente lasciato, quasi per intero, allo sviluppo immobiliare privato.

Se faremo le scelte giuste allora potrà andare tutto bene, anche perché lo dovremo fare tutti insieme, milanesi e di Milano e milanesi di fuori Milano, e soprattutto anche al passo dei più lontani, dei più deboli e degli ultimi.

Intervengo con una certa riluttanza sul tema di cosa sarà Milano nella fase 2 della pandemia. perché, mentre sento dire da molte parti che “andrà tutto bene”, non ne sono del tutto sicuro. O, meglio, tutto potrà andar bene solo se saremo in grado di scegliere le azioni giuste.

La fine della pandemia ci lascerà con vasti strati della popolazione milanese a lombarda fortemente impoveriti, non certo i benestanti o quelli a reddito fisso, ma molti professionisti, commercianti, piccole e medie aziende che hanno perso mesi di fatturato, che non sanno come riprendere ed ai quali lo Stato propone una mancia di 800 € e poi di indebitarsi.
Se non riusciremo a recuperare tutte queste forze nell’economia milanese, insieme ai soggetti più deboli e agli ultimi, superando le disparità, Milano e la sua regione urbana non saranno più le stesse e ci vorrà un lungo tempo per recuperare.
La fase 2 dovrà essere pensata per non lasciare indietro nessuno. E dovrà essere usata per cambiare in meglio la nostra città, in senso maggiormente ecologico, ma senza fughe in avanti.

Il Sindaco Sala ha accettato di buon grado (sembrerebbe quasi con entusiasmo) l’imposizione governativa di ridurre del 70% i passeggeri del trasporto pubblico. Chi non troverà posto sui mezzi dovrà, nelle sue intenzioni, spostarsi i biciclette o a piedi. Ha anche rilanciato l’auto elettrica per il dopo pandemia.

Ma non tutti sono giovani “millenial”, non tutti si spostano solo in città, e centinaia di migliaia di lavoratori attivi a giornalmente a Milano vengono dai comuni dell’area urbana milanese nell’ambito di 50 Km dal capoluogo.
Mantenere il distanziamento previsto sui mezzi pubblici vuol dire che questi potranno portare sì e no il 30% dei passeggeri che li usavano. Né si può pensare ad un aumento delle frequenze che, per i treni e le metropolitane nelle ore di punta, sono già al limite di sistema.

Un conto è presto fatto: la metropolitana trasportava 1,2 milioni di passaggieri la giorno, gli altri mezzi almeno 500 mila, Trenord dichiarava 800 mila passeggeri al giorno.
Ridotta del 70%, la capacità di tutti questi mezzi sarà di 750.00 passeggeri al giorno. Che ne sarà dei restanti 1.750.000 spostamenti?
Ammettiamo che il 30% degli addetti (vedi il Corriere del 28.4.2020) continuerà con lo smart working il che vuol dire risparmiare 750.000 spostamenti; resta un milione di spostamenti insod-disfatti.
Anche a scuole chiuse si tratta di una enorme domanda di mobilità.

Avremo un milione di nuovi ciclisti? Ciclisti di tutte le età che dovranno venire in bicicletta non da Milano, ma anche da Desio, Gessate, Seregno, Cantù, ovvero da tutto il bacino degli almeno 5 milioni di abitanti dall’area urbana milanese lombarda, quello che ora è servito da questo trasporto pubblico, perché bisogna sempre ricordarsi che la mobilità su Milano costituisce la maggior parte della mobilità di tutta quest’area.
Sarebbe opportuno utilizzare gli autobus vecchi e quelli di noleggio, ma poiché la frequenza di punta dei tram milanesi è mediamente di 7 minuti e quella della M1 di poco più di 70 secondi, ce ne vorrebbe uno ogni 3 minuti per aver la stessa capacità di trasporto precedente. Sarebbe comunque una possibile soluzione, ma non mi sembra che si stia pensando a realizzarla.

Forse sarebbe più saggio cambiare il sistema ed incrementare i dispositivi di protezione personale per consentire maggiore capacità; se tutti portassero mascherine e guanti in contagio potrebbe essere molto limitato consentendo un riempimento del 70% con il che i conti tornerebbero. Sicuramente gli orari della città in questa fase andranno cambiati.

Nella pandemia il mezzo sicuro è l’auto, ma la scarsità degli stazionamenti urbani non consente che possa dare un contributo significativo.
Inoltre il Sindaco sta realizzando nuove piste ciclabili e i dehors dei negozi eliminando parcheggi, cosicché queste decisioni (riduzione dei posti nel trasporto pubblico e riduzione di parcheggi sono l’una contrastante l’altra).

Senza avere nulla contro le auto elettriche, siamo sicuri che si debba puntare su queste per uscire dalla pandemia?
Siamo davvero sicuri che la popolazione impoverita e in difficoltà economica vorrà rottamare le proprie auto per acquistare auto elettriche assai costose e dall’autonomia limitata (per le quali la maggioranza non possiede spazi per la ricarica)?
Queste fughe ecologiche in avanti non sono consigliabili in questa fase, vanno ulteriormente a colpire i cittadini e le famiglie meno abbienti, ovvero coloro che sono già stati i più colpiti dall’emergenza sanitaria.

Meglio sarebbe prolungare per almeno due anni la sospensione dell’area B. Intanto nei giorni trascorsi si è verificato che le polveri sottili sono aumentate ad alti livelli, mentre il traffico era quasi assente, come ha dimostrato Gianluca Gennai su Arcipelagomilano del 9 aprile.
Vale la pena di riconsiderare le politiche contro l’inquinamento e meglio valutare il contributo dei riscaldamenti, quelli che meglio e più produttivamente possono abbandonare i combustibili fossili.
Peraltro l’area B, frettolosamente varata, che vuole eliminare tutti i diesel e consentire le auto a benzina, è già stata superata dalla tecnica: i diesel Euro 6d inquinano meno delle auto a benzina (Corriere del 26.4.2020). Anche questa andrà ripensata.

Eppure Milano sempre dovrà investire sull’ecologia, e molto, per superare l’emergenza, non sul capitale variabile posseduto dai cittadini, ma sul capitale fisso della città: nuove e ampie pedonalizzazioni e zone 30. Queste però vanno realizzate secondo le tecniche internazionali, non mettendo un cartello con il limite di velocità (come, ahimè, si è già fatto a Milano) ma ridisegnando le strade e l’accessibilità ai quartieri, in sicurezza, separando la ree locale da quella portante e lasciando il traffico interquartiere a quest’ultima.

L’intervento cardine dovrà essere la riapertura del Naviglio, da farsi con urgenza, da sola potrà regolare tutto il centro storico in una nuova dimensione ecologica.
Seguiranno, verde, parchi, e acqua, con la necessaria e urgente riqualificazione del sistema degli stazionamenti pubblici e privati.

La Milano sedotta dalle fortune immobiliari dovrà cambiare pelle, anche perché penso che non sarà immediato riattivarle.
Giustamente Giangiacomo Schiavi, sul Corriere del 19 aprile, ha dato una lezione di saggezza chiedendosi perché si debbano sradicare Besta e Istituto dei Tumori ai fini dello sviluppo immo-biliare dell’area ex-Falk.
Molte altre improvvide scelte urbanistiche dovrebbero essere riviste e penso agli scali ferroviari, cospicuo capitale pubblico inopinatamente lasciato, quasi per intero, allo sviluppo immobiliare privato.
Se faremo le scelte giuste allora potrà andare tutto bene, anche perché lo dovremo fare tutti insieme, milanesi e di Milano e milanesi di fuori Milano, e soprattutto anche al passo dei più lontani, dei più deboli e degli ultimi.





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