I NAVIGLI 10 ANNI DOPO, di Roberto Biscardini da La Voce Metropolitana

08 ottobre 2018

Dieci anni fa, esattamente nel 2008, ci siamo assunti la responsabilità di proporre la riapertura dei Navigli a Milano avendo chiari alcuni obiettivi validi ancora oggi.
L’obiettivo principale, fare della riapertura dei Navigli una grande occasione per promuovere trasformazioni urbane e nuova qualità. Un’opportunità nel settore dei lavori pubblici, sicuri che un’opera come questa avrebbe rappresentato, e rappresenterà, un fattore di moltiplicazione di nuovi investimenti pubblici e privati. Per introdurre nuove modalità di realizzazione delle opere pubbliche, coinvolgendo anche risorse private e per riformare un settore, come da più parti viene chiesto.
Per dare anche da Milano un contributo affinché le risorse fossero orientate più agli investimenti anziché al finanziamento della spesa corrente.
Purtroppo le cose non sono andate in questo senso, i governi da allora ad oggi non si sono mossi in questa direzione, il progetto Navigli è discusso come se fosse una piccola cosa, una delle tante, anziché come un’opera strategica e straordinaria nell’interesse di tutta la città.
Eppure la crisi finanziaria del 2008 imponeva che ciascuno facesse la propria parte, anche attraverso la predisposizione di progetti qualificati, per essere pronti quando dalla crisi saremmo usciti. Anche in questo senso ci eravamo mossi.
Infine l’obiettivo era coniugare innovazione e identità.
Un’identità con la quale non dobbiamo avere paura di confrontarci per riaffermare che il futuro di Milano non è in contraddizione con la difesa del proprio passato.
Riscoprire la propria identità per difendere la propria storia. La storia gloriosa della Milano “città d’acqua”, con i suoi Navigli navigabili, come essenza stessa della città e dei suoi abitanti.
Ecco perché non molliamo.
I Navigli che sono stati chiusi dalla Cassina de’ Pomm alla Darsena dopo il ’29, devono essere aperti tutti, integralmente, come primo passo di un disegno di trasformazione ambientale ancora più grande.
Aprirli tutti, sulla base di un programma di lavori da definire subito, per dare garanzie che l’opera sia conclusa integralmente entro una data certa.
Questo dovrebbe essere fatto oggi.
Non a pezzi, non per tratte, evitando di gabellare un tubo sotterraneo con un Naviglio.
Milano non ha bisogno di qualche vasca e, come diceva Gillo Dorfles, non ha bisogno di opere “pittoresche”, né di usare i Navigli per mettere i “pizzi” all’arredo urbano.
Dopo dieci anni l’idea originaria che ha ispirato il grande progetto di trasformazione urbana della città dovrebbe ormai essere chiara a qualunque decisore pubblico: un intervento di grande innovazione, per ispirare nuova modernità nel solco della cultura profonda della nostra città.